C’era una volta Ennio
di Valentino N. Misino
È senza dubbio uno dei documentari che ha fatto parlare di sé nell’ultimo anno, a partire dalla sua anteprima mondiale alla Mostra di Venezia del 2021.
Accolto con premi in ogni angolo del pianeta – giusto per citare due riconoscimenti di casa nostra, il David e il Nastro d’argento per Miglior film documentario – Ennio ha fatto il suo debutto in Francia il 6 luglio scorso, distribuito da Le Pacte, in occasione del secondo anniversario della scomparsa di Ennio Morricone, compositore premio Oscar e protagonista del documentario. A firmare la pellicola, un altro Oscar italiano, Giuseppe Tornatore, premiato dall’Academy con l’immortale Nuovo Cinema Paradiso (1989) – leggendario anche per l’inconfondibile colonna sonora firmata da Morricone.
Il regista siciliano che ha emozionato le platee di tutto il mondo con opere di finzione quali Una pura formalità (1994), Malena (2000), La sconosciuta (2006) tocca, con questo documentario, un nuovo apice di narrazione emotiva e porta a casa una scommessa ben ardita: catturare l’attenzione dello spettatore per oltre 150 minuti.
La base di quest’operazione riuscita è l’insita drammaturgia della vita di Ennio Morricone, musicista romano, figlio d’arte di umili origini, che ha saputo cavalcare le occasioni presentatesi nell’epoca d’oro del cinema italiano degli anni 60-70. Ma Morricone non è solo compositore di colonne sonore. Il mito è insito nella sua formazione, quando studia sotto la direzione di immensi numi della musica contemporanea come Petrassi e si nutre delle sperimentazioni di Cage. Il suo debutto nella musica passa dalla canzone pop, quando, per guadagnarsi il pane, dovrà suonare e musicare per la Rai e successivamente per cantanti come Mina, Gianni Morandi, Edoardo Vianello.
Il lavoro sodo e la sperimentazione delle forme musicali apprese nel vivido panorama artistico dei Cinquanta-Sessanta fanno sì che l’ingresso di Morricone nell’universo della musica per il cinema si faccia naturalmente. La fama internazionale ch’egli acquisisce con il successo degli spaghetti western di Sergio Leone, ma anche con altre collaborazioni quali Pier Paolo Pasolini – come dimenticare i titoli di testa cantati di Uccellacci e uccellini (1966)? – ed Elio Petri, in primis per Indagine di un cittadino sopra ogni sospetto (1970), lo espongono ad una querelle etico-estetica che lo impegnerà per il resto dei suoi anni, ossia il dibattito se la (sua) musica per la “vile” forma d’arte cinematografica, si possa considerare musica degna delle sale di concerto. Questa battaglia personale di Ennio s’intreccia con capolavori e successi che costellano la settima arte e passa per i temi musicali di film eterni, C’era una volta in America (dell’amico Leone, 1984), The Mission (di Roland Joffé, 1986) sino a The Hateful Eight (di Quentin Tarantino, 2015) che gli varrà l’Oscar come Miglior Colonna Sonora, un riconoscimento atteso tutta una vita. Alla fine, Ennio vince la battaglia? Può la sua musica considerarsi “alta” e degna di entrare nella storia della musica? La risposta non ci serve davvero. Perché le sale di concerto fanno il tutto esaurito con le esibizioni morriconiane e a questo punto poco importa se le élites dei musicologi storcono il naso.
Il film, realizzato grazie allo sforzo tenace di un team di produttori internazionali, ha avuto una gestazione di oltre sei anni. L’idea nasce nel 2015, a seguito della collaborazione di Morricone con Tarantino, realizzandosi negli anni a seguire. La spina dorsale del documentario è data dalla toccante conversazione che il Maestro romano intrattiene con “Peppuccio” (così lo chiamava Morricone) Tornatore. Le personalità che si rivelano lungo questa scoperta dell’iter vitale di Morricone, intrecciando le loro confessioni commosse con l’intervista portante di Ennio, non lasciano indifferente lo spettatore italiano e internazionale: Clint Eastwood, Quentin Tarantino, Pat Metheny, Bruce Springsteen, James Hetfield dei Metallica, Oliver Stone, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Hans Zimmer e molti altri, un ensemble che, come un coro, “canta” l’uomo, l’artista, la leggenda di Ennio.
I sorrisi, le sfide, la diligente operosità, la bontà, il cuore e il gusto dell’eternità, questi sono alcuni degli ingredienti che fanno la musica di Morricone e che questo film esplora. Un incontro ravvicinato con la quotidianità di un essere speciale – la sequenza iniziale degli esercizi fisici nello studio traboccante di partiture, in cui Morricone diventa una sorta di metronomo umano, resta una delle più belle viste al cinema negli ultimi mesi!
Il film può considerarsi un omaggio postumo a questo genio indiscusso e irripetibile, una sorta di «C’era una volta Ennio». Eppure, ad una lettura più intima, il documentario afferma proprio l’opposto. Ennio c’è ancora. Egli è qui, vivo, presente, più luminoso che mai: la sua musica echeggia nei corridoi dell’eternità.