Per una volta lasciamo Parigi per esplorare Dreux, città sospesa tra due fiumi, Eure et Loir, non lontano da Chartres, e probabilmente è proprio provenendo da qui che si ha la più magica delle visioni, con le punte della cattedrale che dominano un immenso deserto di grano. Abbiamo incontrato Audrey che insegna italiano, la lingua dei nonni abruzzesi ai ragazzi dei licei di questa città, tantissimi affascinati da una lingua che sta vivendo un vero e proprio rinascimento nel cuore delle dames de la renaissance che proprio in questa regione avevano eletto la propria dimora, come Caterina de’ Medici e Diane de Poitiers.
Cosa significa per te l’Italia? Cosa evoca in te la parola radici?
Quando parlo delle mie origini italiane, spesso la gente mi chiede se mi sento più francese che italiana. Io rispondo che il mio cuore è diviso a metà: ha un lato francese e un lato italiano. Sono nata e cresciuta in Francia ma la mia infanzia l’ho trascorsa in Italia, nella casa dei miei nonni, nel giardino con la mia bisnonna alla quale ero molto legata. Le radici? Le mie sono ancora lì, nella terra del giardino del numero sette della via. Ma sono anche in cucina – più italiana che francese devo dire! – nella mia biblioteca, nel mio carattere…
Ci racconti il tuo viaggio ad Atessa/ Pescara?
Torno spesso ad Atessa, il paese di origine dei miei nonni. Situato ad una trentina di chilometri dal mar Adriatico e dalle sue spiagge bianche che ci invidiano anche ai Tropici. D’estate il bianco, il giallo e l’azzurro colorano le giornate. Ma questa volta sono tornata d’inverno, a febbraio, mentre la terra sonnecchia ancora. Il ritmo è un altro. Ne approfitto per trascorrere più tempo con mio nonno e percorrere le viuzze del paesino sopra la collina. Questa volta sono tornata insieme a mio figlio che ha tre anni. Cerco il più possibile di trasmettergli l’Italia delle mie radici, gli odori e i sapori caratteristici di questa regione che mi hanno costruita.
Che rapporto hai con il nonno, con le sue storie?
Esistono delle comunità regionali in Francia? Ti senti parte di quella abruzzese?
Sì, mi sento abruzzese prima di sentirmi italiana. Sarà perché appunto, mi sento molto legata alla storia della mia famiglia, ho sempre provato una sorta di adorazione per la genealogia. Ma in Italia, si sa, le comunità regionali sono molto importanti. Quando mi si chiede da dove vengo in Italia, spesso la gente non conosce l’Abruzzo; non essendo una regione molto turistica devo sempre spiegare dov’è. Mi piace questa regione perché è rimasta selvaggia ed è ancora la natura a decidere – purtroppo a volte non è proprio la decisione giusta…- e non l’uomo. Sono sempre stata legata alla natura, sin da piccola. Ambivalente: montagna e mare, freddo e caldo… a volte mi sento anch’io ambivalente come questa terra.
Abruzzo è singolare in italiano, ma in francese è al plurale, Abruzzes, è più corretto, no?
Credo di aver già risposto. Per me non esiste un solo Abruzzo e mi piace questa dicotomia. E’ una miniera d’oro per i racconti. Poi la lingua, i dialetti: diversi da un paesino all’altro. L’atessano: lo capisco e lo parlo assai bene. Mi ha anche creato qualche problema all’università nei corsi di traduzione!
Parlaci invece della tua esperienza come professoressa d’italiano…
Oddio… aneddoti, ce ne sarebbero tantissimi da raccontare! Sono ormai otto anni che insegno, non solo l’italiano, ma ogni anno, ogni classe, è una sorpresa. L’unica cosa di cui sono sicura oggi è che tutti gli alunni hanno provato piacere ad imparare l’Italia, la sua lingua e la sua cultura così come ho potuto trasmettergliela. Ma quello che piace loro in assoluto sono le canzoni. Anche a me piace tanto cantare! Anche con i più ribelli siamo riusciti a fare delle rappresentazioni di fine anno da far rimanere a bocca aperta la preside della scuola! Poi la gastronomia: Pandoro e Panettone per Natale, Chiacchere per Carnevale… Stupiti o convinti, c’è sempre una reazione molto interessante da parte dei giovani, che, spesso, non hanno conosciuto nessun’altra cultura al di fuori della loro o quella delle loro origini. Alla loro età, è facile rimanere colpiti da una poesia, una canzone o da una storia. Ricordo i miei alunni dell’anno scorso, avevo fatto imparare loro la filastrocca della Befana, dopo averne raccontato la storia. Il giorno dopo, all’improvviso, sento canticchiare nei corridoi della scuola… Stavano recitando «La Befana vien di notte…». Così, senza che glielo avessi chiesto. Allora, nei momenti così, mi sento piena di soddisfazione, orgoglio e gioia, mescolati. Amo il mio mestiere, tutti i giorni mi rende felice, ma in momenti come questi, rappresenta qualcosa di più.
Ai tuoi figli parli in francese o in italiano?
Mio figlio ha parlato presto il francese. Ho quindi tardato un poco per parlargli in italiano. Adesso, approfitto soprattutto dei viaggi in Italia dove può comunicare con i cuginetti e i figli dei miei amici. Ma a casa, sente quasi tutti i giorni paroline in italiano. Capisce tutto ma fa ancora fatica a rispondere in italiano con frasi complete. Non voglio forzare nulla però; per me è venuto naturalmente e i miei a casa non parlavano italiano per niente allora lascio fare al tempo.
Com’è l’Italia vista da Dreux?
C’è una comunità molto forte di italiani nella regione ma ho come l’impressione che tanti abbiano un po’ perso le proprie origini. Per esempio ho incontrato degli alunni i cui nonni erano italiani ma che non sapevano nemmeno da quale città o regione provenissero. Però, esiste un comitato di gemellaggio molto attivo nella mia città. Tra qualche giorno, io e la mia collega d’italiano porteremo i nostri alunni in Umbria a Todi, città gemellata con la nostra. È stata organizzata una serata con i soci e volontari del gemellaggio, un vero successo! Penso che queste iniziative siano molto importanti per la nostra generazione e quella che viene. Se riusciamo a trasmettere questa volontà di scoprire la cultura e la lingua dei nostri paesi, non solo apriremo ai giovani nuove culture ma soprattutto insegneremo loro ad andare verso l’altro, cosa che oggi diventa sempre più difficile, in particolare con i social.Oltre al comitato di gemelaggio, cinque scuole medie e i due licei propongono lo studio dell’italiano, che non è poco. E abbiamo persino un ristorante italiano gestito da un vero napoletano.
Italia Francia ai mondiali, per chi si tifa in casa tua?
Per l’Italia ovviamente!
La letteratura italiana, il cinema, l’arte… che idea ti sei fatta di questa lotta tra i classici e i contemporanei?
Per me non si tratta di una lotta ma di un continuo influenzarsi l’un l’altro. Ho studiato tante opere di letteratura italiana dalle origini ai giorni nostri, idem per il cinema; ho fatto la specialistica in pittura del Rinascimento. E appunto mi piace l’intertestualità che esiste tra tutte queste opere. Ho qualche preferenza naturalmente: i film di Vittorio De Sica, la poesia di Giuseppe Ungaretti e il teatro di Dario Fo, per esempio.