Fortunato tene a robba bell
Nella cultura meridionale accade che i nomi delle persone vengano associati ai luoghi in cui esercitano la propria attività. Ricordo per esempio la mitica Alessandra Schwarzekatze, così chiamata per via della birreria del padre, o Tonino ‘o pneumatico, leggendario, amico di Carmine Vitale perché specializzato gommista, in una terra in cui sgommare, si sa, è tutto. Il Fortunato del titolo in realtà fa riferimento all’ambulante cantato da Pino Daniele e che percorreva libero e felice, le strade di Napoli armato della sola voce, ma l’ho sempre associata a Fortunato Tramuta per almeno due ragioni. La prima, per il fatto che non ho mai incontrato un siciliano, fiorentino d’adozione, conoscitore della canzone napoletana, soprattutto quella di Roberto Murolo e Pino Daniele come lui, e la seconda per l’effettiva bellezza della “roba” bella di cui dispone nella sua libreria al 10 della rue du Roi de Sicile, nel cuore del Marais. Come i nostri lettori sanno è tra le mura della Tour de Babel che la redazione di Focus organizza i suoi incontri ed è dalla libreria che le copie poi partono per ogni angolo, o quasi, dell’Exagone, per cui possiamo dirlo candidamente che per questa nostra puntata del “Parigi, senza passare dal via”, giocheremo in casa.
Fortunato e Donatella con Vincenzo Consolo
“La mia storia personale e privata non penso che possa davvero interessare ai lettori, come libraio posso dirti che nasco nel ‘77 a Firenze quando con degli amici, quattro per la precisione, abbiamo aperto Sole Rosso, al 3 della via Sole, una libreria indipendente che in quella fine degli anni Settanta partecipava al collettivo dei Punti Rossi. Avevo 24 anni e dopo diverse vicende mi sono ritrovato, dopo la chiusura della libreria, in Francia a lavorare nel settore editoriale, come lettore per Guanda per esempio, o documentalista per riviste come tIllustrazione Italiana o Illustrazione dello sport.”
Nel periodo fiorentino c’era un rapporto con gli autori e lettori particolare: hai qualche aneddoto a proposito?
Soprattutto degli autori, ricordo per esempio la volta che invitammo un giovanissimo Valerio Magrelli appena diciottenne, che aveva da poco pubblicato il suo primo libro di poesia, Ora serrata retinae, libro davvero molto bello (pubblicato in Francia trent’anni dopo con una traduzione di Jean-Yves Masson). Oppure un incontro davvero buffo, questo secondo me l’aggettivo giusto, con Gianni Celati e Pier Vittorio Tondelli, in cui sono riusciti a parlare di tutto tranne di letteratura per più di un’ora e mezza.
Perché Parigi?
Sicuramente l’incontro con una signorina francese, Marie-José che poi diventerà mia moglie, in un momento in cui cercare lavoro a Firenze o a Parigi era tutto sommato lo stesso. Poco tempo dopo essere arrivato qui, un giorno sono entrato alla Tour de Babel che Giustiniano Zuccato e Donatella Scudellaro avevano aperto da poco, e scambiando due chiacchiere, tipo, bella quest’idea, mi sarebbe piaciuto fare lo stesso, al terzo quarto incontro sono stati proprio loro a propormi di entrare in società. La libreria aveva già il format di oggi, con solo libri italiani o di autori italiani tradotti in francese. Diciamo che a darci una grossa mano in quel nostro debutto fu una congiuntura felice per noi. In quegli stessi anni dopo un periodo relativamente lungo di “distrazione” in Francia rispetto a quanto si pubblicava in Italia, alla Fiera di Francoforte, nell’Ottantadue se ricordo bene, fu lanciata questa parola d’ordine dei nuovi scrittori italiani, giovani scrittori italiani, con uno che giovane lo era davvero, Del Giudice, o Tabucchi che proprio giovane non era e infatti me lo ripeteva spesso, che c’aveva il figlio militare, e quindi ci fu questa coincidenza fortunata per noi con l’editoria francese che si dedicò ai nostri autori .
Aveste anche un po’ la funzione di talent, per certi versi.
La libreria era frequentata dai traduttori e dunque poteva capitare che ci chiedessero di autori da tenere d’occhio e che noi provvedevamo a segnalare. Gli incontri svolgevano anche questa funzione e molte case editrici che avevano pubblicato autori italiani ci proponevano di accoglierli per aiutarli a far conoscere le opere da loro tradotte. Nei primi anni la libreria aveva anche una forte vocazione “fumettara” e dunque ci furono incontri con Lorenzo Mattotti o Hugo Pratt che era un habitué. All’epoca avevamo anche creato una casa editrice Vertige Graphique che pubblicava BD, portfolio, serigrafie, e dunque un bel movimento di idee ed energia.
C’è un incontro avuto da ragazzo che ha deciso questa tua vocazione?
Non una persona, certo librai bravi, come quelli delle Feltrinelli all’epoca, gli anni della libreria fiorentina con Nino Lepore, o qui a Parigi con Donatella e Giustiniano. A volte si fa un errore nell’identificare la libreria con me, ora purtroppo Donatella è venuta a mancare ma è stato davvero dal lavoro fatto insieme a lei che la libreria ha costruito e portato il progetto a oltre trent’anni di vita.
Autori, lettori, traduttori, fumettari, ma anche professori e studenti d’italiano…
Un capitolo a parte meriterebbe la scolastica che ha un ruolo importantissimo per la libreria, dove indubbiamente è stata Patrizia Molteni il vero motore (omonima della direttrice di Focus-In). All’inizio non conoscendo bene il settore ero quasi scettico. Proprio Patrizia ci ha fatto capire il ruolo che avevamo con la diffusione reale della lingua e della cultura italiana. C’è gente che ha cominciato da zero e ora legge Gadda in originale, ci vuole, come per tutto, solo un po’ di pazienza.
Degli aneddoti librai…
Ricordo di una volta entra un giorno in libreria una signorina, molto a modo, gentile, e chiede se può fare un’intervista per una rivista italiana proprio sull’attenzione dei lettori francesi agli scrittori italiani. Era l’una meno cinque, ricordo di averle detto che all’una saremmo andati in pausa pranzo ma che proprio per il tono gentile con cui ci aveva fatto questa richiesta le avremmo dedicato un po’ di quel tempo. Cominciammo l’intervista, mi chiese per esempio qual era il nostro autore più venduto e le devo aver detto che i libri di Italo Calvino erano quelli che sicuramente andavano di più, e che ne ero molto felice sia perché si vendeva bene sia perché era un grandissimo scrittore. Al che lei mi risponde: mi fa piacere che lei me lo dica perché era mio padre.
L’amicizia con Vincenzo Consolo, Rocco Carbone…
Un grande amico Vincenzo. Di Rocco Carbone…Devo dire che il vero patrimonio di questa mia vita da libraio sia proprio questo, una cosa che non si può monetizzare, le storie d’amicizia che sono nate proprio qui. E devo dire che essere librai a Parigi ha sicuramente il vantaggio di relazionarsi con un pubblico attento, a modo, estremamente gentile.
Parigi?
Ci vivo bene, in Francia conto di restarci anche quando sarò in pensione. Forse più sul Mediterraneo, a Sud. Rispetto al mio sentirmi italiano faccio mia la risposta che Antonio Tabucchi verso la fine della sua vita, diede a un giornalista che voleva sapere come si potesse restare italiani pur vivendo in altri paesi: mi sento italiano perché l’italiano è la mia lingua, la lingua con cui scrivo e con cui parlo.
Con Antonio Tabucchi
La creazione dello spazio dedicato alle arti visive è venuta quasi da sé, risistemando il corridoio e la saletta, discutendo con la mia compagna Fiammetta, scultrice, e con Bernard che oltre a ricoprire il ruolo di grafico è anche un po’ il direttore artistico. Decidiamo insieme gli autori da ospitare, e con una media di una decina di mostre all’anno, l’ultima è quella di Isabella Staino, per esempio, che accompagniamo con la pubblicazione di cataloghi editi dalla libreria, si è trovata anche qui una risorsa importante.
Tuo figlio Michel si occupa di vino, tu da qualche anno dedichi una parte della tua attività all’olio d’oliva tra l’altro disponibile anche qui in libreria. Esiste una relazione tra la terra e i libri?
Da siciliano e con legami con la mia terra, Lucca Sicula, mi sono lanciato in questa avventura per puro caso. Il mio amico Giuseppe Mortillaro voleva aprire un oleificio e con Donatella decidemmo di dargli una mano. Nel 2004 abbiamo cominciato la produzione di olio extravergine d’oliva biologico. Non so dire se esista un contatto tra i due mondi. Penso che ogni cosa fatta con la dovuta passione, intelligenza, meriti il massimo rispetto. Non ho mai capito la gente che dice che vendere libri non è come vendere patate. Non l’ho mai capita perché penso che le patate siano un prodotto altrettanto nobile che ha salvato e continua a salvare milioni di vite. Poi esiste la patata buona e la patata cattiva come per i libri del resto. L’importante è scegliere le buone patate.
Dedicato di Hugo Pratt alla Tour de Bebal