Lo zingaro e Felicia

di EFFEEFFE

Dalla creazione della Compagnia nel 1980, Félicie Fabre e Luciano Travaglino producono spettacoli di autori come Pier Paolo Pasolini, J.L. Lagarce, Ruzzante, Georges Feydeau, Victor Hugo, Federico Fellini, Luigi Pirandello, Matéi Visniek, Jean-Pierre Leonardini, Dario Fo e Franca Rame, Eduardo de Filippo, Ascanio Celestini e Fabrizio de André. Le loro creazioni attingono dalle tradizioni popolari senza rinunciare al presente, per far rivivere quella parte di sogno, poesia e fantasia che è in ognuno di noi. Migliaia di spettatori hanno così potuto scoprire un vasto repertorio, sia nei teatri di Montreuil che in luoghi non convenzionali. 

Presentazioni:

Félicie Fabre : Io sono un’attrice francese, ho conosciuto Luciano alla scuola di Lecoq e abbiamo costruito insieme prima la compagnia teatrale e a seguire una famiglia. Quindici anni fa abbiamo aperto sempre insieme il teatro a Montreuil. Una grande avventura che un mese fa abbiamo lasciato nelle mani dei giovani. 

Luciano Travaglino: Io sono un artigiano, sono passato dall’essere un riparatore di televisori, muratore e carpentiere al mestiere dell’attore. Faccio teatro come mio padre a Gravellona Lomellina faceva gli infissi e le porte, come mio nonno batteva il ferro e ferrava i cavalli. Questo è il mio modo di fare teatro. Ho studiato in Italia all’Accademia dei filodrammatici di Milano, una scuola nata dopo la rivoluzione francese da un gruppo di giovani che intendevano trasmettere gli ideali rivoluzionari attraverso l’insegnamento delle arti drammatiche.

Com’è nata allora l’idea di venire in Francia?

L.: Dopo l’Accademia ho cominciato a fare teatro in Italia. Avevo visto al Teatro Lirico di Milano recitare Marcel Marceau e sono rimasto talmente impressionato dalla sua bravura che, all’epoca, mi sono detto: voglio fare come lui! Ho sentito quindi il bisogno di lavorare di più sul movimento e sul corpo, e dal momento che l’Accademia di Milano era una scuola basata fondamentalmente sul testo, decisi di andare in Francia per fare un altro tipo di studio, più vicino all’arte del “mimo”. 

1980, data fondamentale. Nasce l’idea della compagnia. Le sue prime produzioni erano in qualche modo affiliate alla commedia dell’arte tradizionale, per passare poi rapidamente ad un teatro politico con testi di Franca Rame, Dario Fo e tanti altri. Come è avvenuto questo passaggio? Il teatro si è dato subito questa vocazione della “commedia dell’arte” e della “commedia politica”?

F.: Mi sembra impossibile prescindere da queste due cose, perché sono strettamente legate. Dario Fo è riuscito a fare un teatro, irrealizzabile oggi, che era politico, divertente, combattente e per tutti. Questo è lo spirito che ha da sempre animato il nostro modo di fare teatro.

L.: Quando ci siamo incontrati abbiamo iniziato con il teatro di strada e il teatro per i ragazzi, con tanto di clown. Era già forte dunque la connotazione della “commedia dell’arte”. Più avanti sono arrivati i testi, e con loro l’impronta di un teatro un po’ più impegnato, senza però complicare le cose: il teatro doveva restare accessibile a tutti. 

Tu F. sei parigina, anzi di Montreuil, dove avete aperto il vostro teatro. Questa cittadina si inscrive quindi nel vostro percorso che non è stato nemmeno troppo breve…

F.: Si, abbiamo girato molto per conoscere altri posti. Siamo stati anche in Italia, ma la realtà teatrale italiana era troppo difficile. Abbiamo fatto anche tappa a Parigi, ma alla fine siamo tornati a Montreuil perché, nonostante i suoi problemi, penso vi sia una molteplicità e dinamicità che amo molto. 

Come era invece Montreuil quando siete arrivati negli anni Ottanta?

F.: È certamente cambiata molto, ma fondamentalmente rimane la stessa. Storicamente comunista, la cultura qui ha sempre avuto un ruolo fondamentale. L’attuale sindaco è molto impegnato nel sostegno alla cultura, nonostante di soldi non ce ne siano poi tanti perché incredibilmente ci sono davvero tante compagnie e artisti sul territorio da sostenere. Tra spettacoli, mostre e proiezioni cinematografiche non ci si annoia mai. Per questo Montreuil è un’eccezione: anche se vicinissima a Parigi, è una delle poche città che non vive sulle sue spalle, ma ha vita culturale autonoma. 

L.: Inizia appunto a innescarsi un fenomeno inverso: i parigini tendono ormai a spostarsi qui, fuori da Parigi, con l’inevitabile conseguenza però dell’aumento generale dei prezzi.

Rispetto a quello che accennavate a proposito del vostro peregrinare, qual è la differenza tra fare teatro in Italia e fare teatro in Francia?

L.: La problematica del teatro in Italia è fondamentalmente politica. In Francia c’è una maggiore stabilità dell’elemento politico. È possibile qui coltivare una relazione costante con le persone con cui si viene a contatto. In Italia invece non è così, i contatti si perdono e si deve sempre ricominciare da capo. Per non parlare dei pagamenti… Quando nostra figlia doveva iniziare la scuola è arrivato il momento di decidere dove stabilirsi. Abbiamo deciso allora di venire in Francia perché qui era veramente possibile vivere di teatro per una compagnia come la nostra. Ma comunque il periodo in Italia rimane ricco di avventure e aneddoti. Come quella volta, al mio primo spettacolo da professionista al Teatro Stabile di Torino. Era una produzione per ragazzi che metteva in scena un adattamento teatrale del Marcovaldo di Italo Calvino. Ad una delle ultime prove Calvino stesso venne a vedere lo spettacolo. Alla fine della rappresentazione si complimentò con noi confessando che, in realtà, del teatro lui non capiva proprio niente. E aggiunse poi, rivolgendosi agli attori, che se ci fossero state delle frasi o dei giri di parole che a loro non piacevano, che non suonavano poi così tanto bene, erano sempre liberi di cambiarle come meglio credevano! Ed è incredibile pensare ad uno scrittore come Calvino che ti permette tanto rispetto a tanti scrittoruncoli che si fanno venire le crisi se gli tocchi una singola virgola… 

Nella vostra storia si sente una vera dimensione di “comunità”. C’è qualche aneddoto che ci volete raccontare rispetto al vostro pubblico di Montreuil e rispetto al vostro “nomadismo-stabile”?

F.: A Montreuil abbiamo Les Murs à Pêches, un teatro all’aperto, il posto per me più bello al mondo, molto grande, frequentato anche da molte famiglie, capace di accogliere fino a settecento persone. Qui si balla, ci sono spettacoli per bambini, c’è musica classica, rap e tanto altro, per permettere a chi vuole semplicemente passare un pomeriggio all’aperto di scoprire l’arte e il teatro. Ha una funzione complementare rispetto al teatro classico.

L.: Mi viene appunto in mente un aneddoto carino. Avevamo deciso di ristrutturare il teatro per aprirlo poi al pubblico. Io mi sono detto: ho ormai costruito la casa in Italia, a Montreuil, cosa sarà un semplice lavoro di muratura per un teatro! Abbiamo così iniziato i lavori che sono durati un anno e mezzo. I vicini mi vedevano lavorare, vestito da muratore, e quando il teatro ha finalmente aperto erano veramente curiosi di venire a veder recitare quello che fino al giorno prima era stato, con gli arnesi del mestiere, a stuccare e a dipingere. Tutti in prima fila, erano curiosi di vedere se fossi veramente un muratore o un attore… 

Effettivamente sei entrambe le cose, un “murattore” potremmo dire! E invece, c’è un autore o uno spettacolo a cui siete veramente legati e che vi piacerebbe continuasse ad essere riproposto da coloro che gestiscono ormai attualmente il teatro?

F.: Adesso che Lucille, nostra figlia e Federica, si occupano della gestione e programmazione del teatro, ci sentiamo davvero in buone mani. Quello che è importante per noi e che vogliamo che sia trasmesso è la nostra etica, la nostra ricerca di un pubblico misto e che non è abituato ad andare a teatro, il modo in cui abbiamo appoggiato e seguito gli artisti nel loro percorso di creazione. E loro, hanno già dimostrato in questi due anni di essere sulla nostra stessa lunghezza d’onda. 

L.: è giusto anche che le cose cambino, che i giovani prendano in mano la situazione, perché loro sanno meglio di noi dove sta andando la società, e che ancora più di ieri fare teatro significare mettere in atto un movimento di resistenza. Oggi come oggi, loro hanno i migliori strumenti per farlo. 

Trasmissione, lunghezza d’onda, insomma si ritorna da dove si era partiti, ai televisori !

L.: (ridendo) Se si vuole.

Lieux de création et de résidence artistique

Théâtre en Dur / Croix de Chavaux

Théâtre de Verdure / Murs à Pêches

Compagnie La Girandole 

93100 Montreuil

01 48 57 53 17