di Patrizia Molteni
Quattro trentenni: Mattia Santori, il più grande, consulente per un’ONG che si occupa di ambiente, insegna sport a bambini disabili; Andrea Garreffa, guida ambientale escursionistica; Roberto Morotti, ingegnere, nel tempo libero anima laboratori sul riciclo della plastica; e Giulia Trappoloni, fisioterapista. E già il denominatore comune – oltre all’età e al fatto di essersi trovati a condividere casa a Bologna – è la cura delle persone più fragili e dell’ambiente. Sono loro con un semplice post sufacebookad aver concepito il movimento della Sardine.
I loro nomi sono ormai stranoti e Mattia Santori è invitato quotidianamente a trasmissioni televisive e radiofoniche, il “parafulmine” del quartetto di fondatori, come lo definiscono gli altri tre, che vogliono restare al di fuori della bolgia mediatica. Di loro si sa molto poco. Apposta, perché non si definiscono leadere a decidere sono sempre le “comunità”. Questa settimana la piazza che avevano riservato a Bibbiano è stata data alla Lega perché i partiti, in periodo elettorale, hanno un diritto di prelazione. Loro hanno incontrato la comunità per sapere se vogliono fare una sardina daynella piazza attigua e lo hanno fatto perchè i cittadini l’hanno chiesto a viva voce.
Perché “sardine”? Nate per occupare lo spazio e le piazze, ormai riempite solo dell’odio leghista, hanno voluto dimostrare – in contemporanea con un comizio di Salvini al palazzetto dello sport di Bologna – che erano più numerose, che sarebbero state strette, in Piazza Maggiore come sardine nelle scatolette. «La sardina è un pesce muto, che non grida come gli urlatori del web e dei comizi, ma che sta in banco, ovvero in tanti, stretti stretti, più di loro!», dicono. E quando si mettono in banco, quando sono unite, riescono a proteggersi da pesci anche molto grossi. Ci sono riusciti: il 14 novembre a fronte di 5570 persone al Palazzo dello Sport, c’erano più di 10.000 Sardine.
Da lì sono nati altri flash mob, in tutta Italia e anche all’estero. Ad oggi, dopo soli due mesi, quasi un milione di Sardine “nuotano in mare aperto”, metafora controcorrente dei mari – o meglio dei porti – chiusi di Capitan Fracassa.
Sostenitori e detrattori
I cittadini (non il “popolo” almeno non nell’accezione populista che lo rende un’unica entità in balia al sovranista di turno) sono in prevalenza dalla loro parte. Anzi, secondo un sondaggio Demos, un elettore su quattro voterebbe le Sardine se si costituissero in partito. Cosa che loro non vogliono fare, almeno per adesso. I partiti di sinistra hanno dato il loro appoggio, promettendo di non cercare di arruolarli nei loro ranghi, ma questo endorsement della sinistra ha provocato, come da copione, la tesi complottista del “chi c’è dietro?”: sono una creatura del PD, addirittura di Romano Prodi? No, ripete fino alla nausea Mattia Santori: sono gli anticorpi della politica, se il PD farà delle politiche giuste, voteranno per loro, se no gli faranno sapere perché non sono d’accordo, idem per le altre forze. D’altra parte un movimento nato per contrastare l’avanzata di Salvini e che si dice innanzitutto antifascista e antirazzista, può mai essere di destra?
Ecco, questa è la grande novità rispetto a movimenti spontanei di piazza come il popolo viola o gli ormai lontani anni luce vaffaday di Beppe Grillo: non si tratta più di dire che i politici sono tutti corrotti, che sono una “casta” da mandare a casa, che non ci sono più destra e sinistra e uno (qualsiasi uno, anche incompetente) vale l’altro (qualsiasi altro). Le Sardine ponendo le basi etiche di antifascismo e tolleranza, si situano decisamente a sinistra, e lo dicono. In Emilia-Romagna chiamano a votare il governatore uscente, Stefano Bonaccini, non perché sia del PD ma perché finora ha dimostrato di essere in grado di governare bene la regione. Votano e fanno campagna contro le astensioni, senza spostare voti: non convincono i voltagabbana, ma solo quelli – e sono tanti – che a votare non ci andavano più.
Seconda critica: non si capisce cosa vogliano. Vorrei capire perché dei partiti (e includo anche i 5Stelle) che si presentano alle elezioni con un programma e una lista di candidati, si suppone entrambi discussi nelle dovute sedi, ci possono mettere 5 mesi a formare un governo e 14 per promulgare qualche leggina, peraltro spesso sprovvista di decreti attuativi, senza che nessuno gli chieda conti e le neonate Sardine in due mesi dovrebbero già avere in mano tutte le soluzioni per l’Italia. Sardine hanno detto, non supereroi.
Ancora: quello che hanno fatto in questi due mesi è già rivoluzionario. Sono riusciti a tornare nelle piazze, a convincere la gente che i social vanno bene ma sono pieni difakee di odio e che, comunque, la rivoluzione si fa guardandosi negli occhi e contandosi veramente. Già questo è un enorme passo avanti. Sono riusciti ad invertire la rotta sull’auto-narrazione della Lega secondo la quale tutti gli italiani sono di destra e vogliono un uomo forte al comando. Mattia Santori continua la lista di cose fatte: “Abbiamo dimostrato che si può far politica senza giocare sporco, abbiamo cambiato il paradigma rispetto alle parole di odio. Sul populismo abbiamo già vinto: Salvini va nei bar e si fa i selfie, noi riempiamo le piazze [… parlando] di pace, discriminazioni, omofobia. E non violenza, la nostra battaglia”. (intervista a Repubblica, 19/01/2020).
Cittadini semplici
Nell’era pre-berlusconiana la rappresentanza funzionava così: i partiti (che poi per più di 40 anni è stato un solo partito, la democrazia cristiana, soprannominata, lei, con il nome di un mammifero acquatico, la balena bianca) presentavano un programma, gli elettori votavano e si facevano rappresentare nelle decisioni internazionali ed internazionali. Chi non era eletto in maggioranza stava all’opposizione. Da qualche anno invece – con l’avvento di facebookin cui ogni internauta pensa di poter gestire meglio di chiunque altro un paese stando comodamente seduto in poltrona e con poche migliaia di follower– ci sono più politici che elettori. Soprattutto non c’è formazione, senza arrivare all’ENA francese, un’infarinatura di politica non farebbe male; non c’è un progetto per il paese, non ci sono convinzioni radicate, valori: tutto ruota intorno al potere, misurato non più dai soldi ma dalla popolarità sui media.
La svolta politica delle Sardine è proprio questa: rivendicare un ruolo di elettori, di cittadini attivi, di poter incidere, attraverso le piazze, sulle politiche del paese, senza necessariamente diventare politici di mestiere. Un atteggiamento di umiltà che presuppone che la politica sia un mestiere che richiede delle competenze e che no, uno non vale l’altro. Le Sardine chiedono invece di poter essere rappresentati con dignità, di non essere un’indistinta massa di pecore al seguito di un cane pastore che abbaia e ringhia. Avete detto niente?
Sardine Parigine
Anche a Parigi un gruppo di giovani (principalmente, poi come per le Sardine italiane si associano molto volentieri anche i diversamente giovani), ha creato il gruppo Sardine parigine. Abbiamo incontrato due dei fondatori: Valentina Cogliandro, tecnica di neurofisiopatologia e Michele Coni, archivista.
Hanno riunito alla place du Trocadero, cioè sul piazzale dei Diritti dell’uomo, 350 persone. Era il 14 dicembre 2019, freddo parigino, scioperi, anch’essi parigini, di quelli a oltranza che bloccano la città per settimane: un risultato più che dignitoso. Oltre a Parigi sono nati banchi di Sardine in Spagna, Belgio, Olanda, Gemania e persino negli Stati Uniti. Anche all’estero, la componente anti-Salvini è forte, attraverso slogantipo “Parigi non si lega” o “Parigi non abbocca”. Legatissime invece alla Costituzione (spesso letta ad alta voce) e ai diritti delle persone e alla diversità. Valentina, creatrice di una web radio dal titolo Radio GCP (Gente Con la Panda, tanto per far capire subito che sta dalla parte di chi può permettersi solo la Panda), lo dice chiaramente: “Ormai la dichiarazione dei diritti dell’Uomo, è diventata come il volantino del carrefour, che si butta immediatamente”. Per ora, anche nella ville lumière i riflettori sono puntati sulle basi: sensibilizzare contro populismi e razzismi, combattere la crisi sociale (ancora più grave di quella economica) ed essere anticorpi all’odio e all’indifferenza. In molti stanno cercando di aderire, come volontari, ad associazioni umanitarie che si occupano di rifugiati e persone in difficoltà. Poi si vedrà: chi già vuole lavorare su progetti politici più precisi e all’interno di un contesto europeo, chi invece non pensa che diventare un partito sia una buona idea.