di Sirio La Pietra
Giorgio De Chirico e i DPCM dell’epidemia: “non l’avevo considerato”.
“Nell’apparente normalità delle cose rappresentate, appartenenti alla realtà quotidiana, si nasconde la carica esplosiva della metafisica“.
Giorgio De Chirico
La pittura metafisica è stata una corrente, un’idea, una filosofia che copre un capitolo considerevole della storia dell’arte. Giorgio De Chirico (Volos, 10 Luglio 1888- Roma, 20 novembre 197) ne è l’inventore, la figura che occupa tutti i vuoti che questa pittura costruisce. Convenzionalmente si fa coincidere la nascita di questa corrente con il dipinto “L’enigma di un pomeriggio d’autunno” del 1910, esposto per la prima volta al Salon d’automne di Parigi nel 1912.
L’enigma d’un pomeriggio d’autunno, Giorgio De Chirico, 1910
Quel pomeriggio di autunno il pittore si trovava seduto su una panchina in piazza Santa Croce a Firenze. Era ancora convalescente da una malattia intestinale. In un suo scritto del 1910 disse di trovarsi in uno stato di sensibilità morbosa che gli fece vedere quella piazza come se fosse la prima volta.
Il duomo di Firenze viene spogliato delle linee gotiche, la statua di Dante si trasforma in una statua greca e la piazza viene svuotata dai passanti, eccetto per le due figure sotto la statua; uno scenario che in questo periodo stiamo imparando a conoscere. Viene così espressa un’atmosfera un po’ purgatoriale tra la paura e l’incanto, tra la realtà e il sogno.
Si tratta di un’opera dall’interpretazione mobile; come un pendolo che dalla consuetudine oscilla verso la sua negazione per poi ritornare. Possiamo dire che la bellezza di quest’opere si svolge sul campo della figurazione, dell’esperienza e della sua discussione. De Chirico gioca con i fondali immutabili della nostra abitudine facendoci scoprire che la rarità delle cose che ci appaiono ordinarie era oscurata dalla folla di apparenze che la coprivano.
Una piazza vuota, poche figure schive e distanti, l’atmosfera di una minaccia invisibile è la realizzazione perfetta del mondo che De Chirico aveva immaginato. E in questo sta anche l’indebolimento della sua visione onirica. Una profezia che fa le scarpe all’Huxley più drammatico o all’Orwell più disfattista. La realizzazione di questo disegno credo non faccia piacere a De Chirico che vede crollare nel mondo quotidiano il castello dell’immaginazione che l’aveva reso unico agli occhi del mondo.
Aggiungerei che il meteo non ha nessuna pietà per il pittore; sì perché da quando è iniziata questa desertificazione delle città tutta l’Italia sta godendo di giornate di sole mai viste, lo stesso sole, rosso e greco, che De Chirico ha sempre raffigurato in ogni suo dipinto. Credo che il colpo di grazia glielo darà tra 500 anni (ammesso che la terra esista ancora) uno studente sbadato che dirà: “De Chirico è vissuto nel 2020 e ha raffigurato tutte le piazze italiane durante l’epidemia”, rendendolo meno metafisico di una canzone di Ligabue.
Poveraccio, non poteva prevederlo.