Je t’aime, moi non plus: andare al cuore del Referendum
di Maria Chiara Prodi
Una cosa buona questo Referendum l’avrà fatta : far fermare per un attimo i cittadini a riflettere in maniera frontale sul proprio rapporto con gli eletti.
E’ il nodo del disamore, della sofferenza, di quello stomaco stretto per la frustrazione di tutto quel che potrebbe essere e non è. Della sproporzione cosmica tra le sfide ambientali e la poveraccitudine di quegli onorevoli che han chiesto gli aiuti durante l’emergenza Covid. Non c’è speranza, signora mia. Da qui la via della tagliola: togliamo di mezzo un buon numero di quelle persone che ci fanno soffrire, così staremo meglio!
Con tutto quel che abbiamo dovuto patire nel 2020, in fondo, ci sta.
Nel momento in cui leggete queste righe, la campagna elettorale è al suo apice. Fini giuristi si affrontano con argomenti articolati per sostenere una tesi e il suo opposto. Politici confrontano i loro pedigree riformisti e ripassano la storia per vedere in quale istante T l’avversario (e i suoi riferimenti ideali) hanno proposto una riduzione del numero dei parlamentari (mai visto tanto citare Nilde Iotti, la buonanima). Sono dibattiti interessanti e molto utili per farsi una cultura, ma dal mio punto di vista non arrivano al cuore del problema, che è, appunto, il rapporto con gli eletti.
Mi preme sottolineare in particolare una cosa fastidiosa, ma purtroppo vera. « Rapporto » non significa solo proporzione tra eletti ed elettori, ma anche « relazione ».
Un rapporto va costruito, curato, mantenuto. Un rapporto fecondo è un rapporto generativo, nel quale si accoglie l’altro nel suo contesto, e possibilmente ci si muove all’interno di un vocabolario comune e degli orizzonti condivisi, costruendo non solo un rapporto individuale, ma anche incastonato in una comunità.
Nella durata.
Rapporto è quello tra l’eletto e l’elettore, ma anche tra il partito e il candidato, tra le istituzioni. Rapporto dovrebbe essere anche quello tra Onorevoli, in grado di dialogare tra loro anche se non membri dello stesso partito (che se non parlano, che Parlamento è?).
La cosa veramente fastidiosa della riflessione precedente, è che uno dei poli di questa relazione siamo noi elettori. E che vista da questa prospettiva, l’eterna querelle se siano i nostri politici dei deficienti o lo siano gli elettori, si rivela subito per quello che è: una cavolata. Perché il punto è come interagiscono. Se lo fanno in maniera stupida, per forza di cosa avremo una politica stupida. Se non lo fanno affatto… beh, purtroppo abbiamo l’immobilismo, la caciara e lo sfinimento con cui siamo confrontati e che deteriorano in maniera così visibile la nostra qualità della vita e le nostre prospettive di futuro.
Allora, se questo Referendum vi distoglie per un attimo dalle legittime occupazioni della vita quotidiana per riflettere all’architettura del nostro Stato, io vi suggerirei di usare questo attimo non tanto per posizionarvi sul sì o sul no, anche se chiaramente ho una mia opinione, ma su che tipo di relazione volete avere con la politica e con i politici.
Se siete tra quelli che non sanno chi siano i propri rappresentanti, la prima cosa da fare è fare conoscenza. Grazie al lavoro della Fondazione Openpolis potete farvi un’idea obiettiva (presenze, voti, interrogazioni) dei vostri eletti di riferimento al Parlamento: https://parlamento18.openpolis.it/. Sul sito madre della fondazione, poi, ci sono approfondimenti costanti che permettono di vedere, sotto il pelo dell’acqua dell’attualità molto rumorosa, cosa si muove col tempo più vero delle trasformazioni sociali. Se, come me, siete spaventati che a candidarsi e vincere finiscano per essere sempre quelli che hanno più soldi per far campagna (e con meno posti la concorrenza, in mancanza di leggi sui partiti, si svolgerà su questo campo), allora potete sostenere con il vostro supporto alcuni candidati coinvolti dalla piattaforma Progressive Acts: https://www.progressiveacts.eu/. Se vi chiedete se ci sono anche persone che provano a collaborare tra loro rompendo le staccionate tra partiti, vi ricordo dell’iniziativa 5x5, che abbiamo ospitato a Parigi, dove 5 parlamentari di aree diverse hanno fatto 5 proposte comuni per il rilancio del Paese (e non c’era nemmeno ancora il Covid).
Conoscere, aderire, ma soprattutto fare pressione, come insegna anche https://www.thegoodlobby.it/, è l’unico modo per uscire dallo stallo. E candidarsi, chiaramente. A causa del Referendum, le elezioni dei Comites e del CGIE sono state rinviate di un anno, ma chi sente la vocazione, è bene che cominci ad organizzarsi ora. Per questo, a seguito del Seminario di Palermo (e dalla sua pagina Facebook: @seminario.palermo), cominceremo dal 13 settembre alle 21h, ogni seconda domenica del mese, a fare formazione per la militanza dall’estero.
Se vincerà il sì, la nostra rappresentanza nella circoscrizione estero sarà ridotta di un terzo, a fronte di un raddoppio dell’emigrazione negli ultimi 10 anni. Oltre a votare massicciamente no (nell’opinione di chi scrive), è necessario anche prepararsi perché il sistema tutto della rappresentanza trovi nuovo vigore e coinvolgimento in una partecipazione popolare forte, e con nuove energie capaci di disseminare la voglia e la necessità di trasformare il mondo in cui viviamo, facendo sentire chiara e forte la nostra voce di italiani in Francia, di europei in movimento.