Vacanze a testa bassa
Smartphones et tablettes obligent !
di Cinzia Crosali
Ho viaggiato per l’Europa, quest’estate: Francia, Spagna, Italia… ho viaggiato in treno, in nave, in macchina. Sono stata nelle città, sulle spiagge, in montagna, dappertutto la stessa scena: adolescenti, adulti, bambini, con gli occhi abbassati sugli schermi dei loro telefonini o dei loro tablets.
Ho visto famiglie al ristorante mangiare, parlare (poco) e far scorrere nello stesso tempo le “storie” su Instagram, o le pagine TikTok, YouTube, Face-book, Twitter, WhatsApp nei loro cellulari per non perdere nessuna briciola dei nuovi post. Ho visto una ragazza a cavalcioni sul materassino gonfiabile, le gambe immerse nell’acqua del mare, una mano nei capelli e l’altra, abile, sul piccolo schermo dell’iPhone, in contatto continuo con la sua “rete”. Ho visto un bambino di due anni urlare nel passeggino perché la madre tentava di sottrargli il proprio cellulare al quale il piccolo era “incollato” e che la madre stessa gli aveva dato poco prima, per “tenerlo buono”. Ho visto una madre allattare, completamente immersa nelle “storie” di Instagram.
Faccio parte di una generazione, in cui genitori e insegnanti discutevano sulle limitazioni del tempo di esposizione dei bambini allo schermo della televisione. Dicevano: non giocano abbastanza in gruppo, non fanno più sport… Oggi, i ragazzi, la televisione non la guardano più (tranne che per le serie su Netflix), non vanno neppure al cinema. Il mondo sta nella loro mano, in un piccolo schermo che li mette in una connessione continua senza limiti geografici e temporali. Le statistiche ci dicono che i ragazzi tra i 15 e 17 anni passano circa tre ore al giorno davanti agli schermi con picchi di sette ore al giorno per almeno un terzo di loro. La maggior parte dei genitori fatica a mettere dei limiti, non riesce a esercitare un controllo ed è molto meno abile dei figli a gestire le reti sociali su internet e l’universo delle applicazioni.
Non è comunque il caso di demonizzare tutto il sistema delle connessioni internet. La pandemia ha obbligato i ragazzi di tutte le età a un’esposizione prolungata allo schermo per la didattica a distanza. Lo schermo può anche veicolare momenti interattivi di sapere o di svago che possono essere molto interessanti e sicuramente esso permette un accesso alla conoscenza che prima era inimmaginabile. Come sempre non è lo strumento, ma il contenuto che fa la differenza. Molti genitori domandano agli psicologi dei consigli per ridurre l’allontanamento dei ragazzi dalla vita familiare, chiusi come sono nel loro mondo numerico. Gli adulti confessano la loro impotenza, la loro debolezza o la loro incompetenza di fronte a un universo che li sorpassa e in cui i figli sono estremamente più a loro agio. Con questi genitori più che dei metodi di limitazione, punizione e divieti eventuali, parlo della loro relazione con i figli, del modo con cui interagiscono, parlano, passano del tempo con i ragazzi, e poi del loro proprio rapporto di adulti con il cellulare, il computer, le reti sociali. Se il cellulare è l’oggetto privilegiato della madre, il bambino ancora piccolissimo lo avverte, lo sente, e cercherà di impadronirsene al più presto. Una giovane mamma mi ha raccontato il suo stupore quando un giorno il suo bambino di tre anni, vedendola molto arrabbiata con il papà, andò a prendere il cellulare e glielo portò con la chiara intenzione di calmarla e farle piacere con quell’oggetto “prezioso”.
La prevenzione delle “derive” e delle dipendenze inizia molto presto. La relazione di fiducia e di dialogo, la fermezza dei limiti e delle regole educative non si inventano quando il figlio ha 16 anni, ma iniziano già nel primo anno di vita e continuano con un impegno che richiede tempo e energia. Sicuramente sappiamo che è molto più facile e rapido dire di “sì” che dire di “no”, e i genitori sono sempre in un difficile equilibrio tra le concessioni e i divieti. Non ci sono regole universali, ma sicuramente quando un genitore è sopraffatto dalle richieste tiranniche di un figlio di 5 anni (e anche meno) che legifera in casa, significa che c’è qualcosa che non va, ed è bene che il genitore si faccia aiutare. Che il bambino urli e schiamazzi perché non può tenere il cellulare in mano per ore, o che l’adolescente non ci parli più perché non può usare il cellulare nel letto la notte, non sono ragioni sufficienti per cedere a tali richieste inaccettabili. Ai ragazzi inoltre non basta dire “smettila di stare tutto il giorno sul tablet”, ignorando completamente quella parte della sua vita. Possiamo invece interessarci a che cosa fa sul tablet, con chi interagisce, quali giochi lo appassionano, che cosa c’è di interessante, possiamo aprire un discorso, discutere, emettere considerazioni, allenarlo a giudicare con la sua testa e non con gli algoritmi del computer che più tardi decideranno forse anche il tipo di partner da scegliere sulle applicazioni di incontro. Come al tempo dell’impero della televisione, anche oggi la parola, l’ascolto e lo scambio intergenerazionale favorisce lo sviluppo delle capacità cognitive, permette di acquisire la maturazione di un giudizio personale, di costruirsi gli antidoti alla dipendenza e alla massificazione.
I rischi sulla rete naturalmente ci sono e il controllo genitoriale per bambini, pre-adolescenti e adolescenti è necessario. Spiegare ai figli che persone malintenzionate possono cercare di contattarli, e fare attenzione ai fenomeni di cyberbullismo è un dovere dei genitori. Un padre mi raccontava che era severo e attento alle frequentazioni fuori casa della figlia diciassettenne, ma che non si era mai preoccupato delle possibilità di incontri e contatti su internet e considerava la figlia al sicuro purché stesse in casa, nonostante passasse ore, anche notturne, sul computer. L’acquisto di oggetti lussuosi da parte della ragazza, permise di scoprire che era stata adescata da una rete pornografica che la pagava in cambio di fotografie e video intime del suo corpo.
I genitori si accorgono con angoscia che a volte internet è molto più pericoloso della strada e siccome non è possibile vietarne completamente l’uso ai ragazzi, senza correre il rischio di isolarli e di escluderli dalla rete sociale dei coetanei, è ancora una volta il rapporto di dialogo e fiducia istaurato con loro, ciò che permette di accompagnarli verso l’autonomia di scelta, di valutazione, e quindi di autodifesa di fronte al pericolo.
D’altra parte la mia pratica clinica con gli adolescenti e soprattutto con i liceali mi ha insegnato che la curiosità vivace dei ragazzi può essere arricchita dagli strumenti tecnologici. A volte li invidio per le enormi possibilità di apertura mentale che oggi hanno rispetto alla mia generazione. Non sono nostalgica del passato, e anche se molte cose sono andate perdute, penso che le potenzialità e le possibilità di conoscenza e di sguardo sul mondo siano immensamente superiore per i ragazzi di oggi rispetto a quelle di trent’anni fa. È quindi nostro compito – genitori, insegnanti, psicologi – di aiutarli a usare tutto questo potenziale nel modo migliore e permettere che la moltiplicazione delle possibilità di conoscenze diventi Cultura.
C’è infine un ultimo punto che vorrei sottolineare, quello della temporalità: la fruizione dei prodotti video su internet è spesso connotata dalla rapidità e dalla immediatezza. Scorrono rapide le storie su Instagram, defilano veloci le scenette su TikTok, sembra che niente debba durare più di qualche minuto. La vita diventa una fuga di corsa. Saper fare le cose che richiedono più tempo, quindi più concentrazione, più determinazione, diventa raro e difficile. Un post su Twitter non può essere più lungo di una manciata di caratteri, la lettura di una pagina intera è una fatica che non viene neppure intrapresa in questa logica veloce del “leggi e butta”. In effetti leggere un romanzo, imparare a suonare uno strumento o praticare uno sport, è senz’altro più faticoso, necessita di virtù passate di moda: la pazienza e la perseveranza. Costruire un’amicizia richiede conoscenza, condivisione, fiducia… non si fa con una richiesta su facebook o con un like su instagram. Gli amici veri si dovrebbero contare sulle dita delle due mani, non sul numero dei followers. Ci sono cose che richiedono tempo, lentezza, attenzione: amare, imparare, conoscere, maturare, assaporare, sognare, desiderare. E poi crescere, diventare grandi non è questione di minuti, ma di anni. Aiutiamo i ragazzi a non bruciarli.